Asini, potatura, filosofia

Anni fa,appena iniziato il lavoro di giardiniere, spiegai a un’anziana contadina che non mi sentivo ancora in grado di potare un albero. Allora lei mi raccontò la leggenda del primo potatore: un asino sfuggito al padrone si mise a masticare i tralci di una vite; dopo aver ben bastonato la bestia, il padrone si accorse, mesi dopo, che la vite produceva di più. “Se è capace di potare un asino, non sei capace tu, con tutto quello che hai studiato?!”.

Questa fiaba mi torna spesso in mente con significati metaforici diversi ogni volta. Vedendo certe potature penso “altro che asini!” e sogno motoseghe magiche che inseguono i genitali degli autori. Altre volte la vedo come l’allegoria del buon potatore, che in un primo momento prende delle bastonate ma ottiene il successo sul lungo periodo. Ancora ci vedo l’emblema della confusione tra gestione agricola e gestione ornamentale, purtroppo sempre attuale. Sempre e comunque, nel momento in cui poto, mi sento un asino, perchè dopo anni di esperienza sono ancora all’inizio nella comprensione dell’entità “albero”.

 E a volte mi sento ancor meno preparato nella comprensione dell’entità “uomo”: ma pensiamo davvero che gli alberi, presenti sulla terra da circa 300 milioni di anni, abbiano bisogno del potatore per stare bene? Anche per le operazioni più accettate,come la rimozione del secco, non esistono (se avete materiale, vi prego mandatemelo) sperimentazioni serie che dimostrino il miglioramento dello stato fitosanitario, e il raccorciamento dei rami per evitarne la rottura da neve non vi sembra come fasciare la testa a un malato che non si è ancora ferito? Queste cose però vanno dette sottovoce, perchè sappiamo che spiegando questo al cliente possiamo avere 3 risultati: il migliore è un grazie, un sorriso e un buon bicchiere di vino; il medio è un mezzo sorriso e un bicchiere di vino scarso (magari un bianco frizzante di 9 gradi); il peggiore e più probabile è un’accusa di incompetenza e l’arrivo il giorno dopo di un capitozzatore. 

Allora chi è il potatore? Io lo vedo come colui che deve trovare il compromesso tra uomini e alberi. Ed è difficilissimo mediare tra esseri così invadenti e orgogliosi. Con tutto l’amore che la nostra specie dichiara per gli alberi, il conflitto esiste da sempre. L’homo sapiens si è evoluto nelle savane e forse il primo atto nella conquista di altri spazi è stato proprio il disboscamento. La situazione di oggi è paradossale: con l’avvento della meccanizazione agricola nel dopoguerra gli alberi sono rimasti solo esattamente dove non dovrebbero essere, cioè vicini alle case e alle strade. E allora via, attacco con le motoseghe, e più tagli più sei bravo.

Le cose devono cambiare. Vista l’ignoranza diffusa tra il pubblico, il mondo scientifico e gli enti pubblici, bisogna contare su chi effettivamente lavora nel settore. Non penso a una missione segnata da sofferenze e frustrazioni in nome della giusta causa, ma a una egoistica aspirazione ad essere pagati meglio e lavorare meno, liberando prezioso tempo per leggere fumetti, fare l’amore o giocare a bigliardo. Tutto ciò in un’ottica più generale, per uscire dalla spirale di follia collettiva nella quale l’occidente si è infilato, fatta di lavori inutili che creano altri lavori inutili, di macchine sempre più efficienti che invece di evitarci le fatiche ci obbligano a seguire i loro ritmi forsennati.

Insomma,a tutti, buon “lavoro”!

2001

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